lunedì 2 novembre 2009

GP di Abu Dhabi



Strano parlare di un Gran Premio di Formula 1 in un blog di architettura ma in realtà questo circuito è solo l'ultimo passo avanti di una nazione come gli Emirati Arabi che con Dubai e ora con Abu Dhabi ha voluto trasformare una risorsa labile come il petrolio in una ricchezza duratura che in questo caso si chiama "progresso e sviluppo". Quando il prezioso oro nero finirà o non sarà più economicamente vantaggioso da sfruttare allora rimarrà una nazione con metropoli costruite per essere efficienti e produttive nel campo dei servizi e della finanza e di certo ora è lo scenario più intelligente che si possa progettare. Interessantissimo è anche il progetto di costruire qui vicino una città interamente progettata per funzionare con fonti di energia rinnovabili, in particolare l'energia solare, che sarà chiamata Masdar e che già dal 2006 è in fase di sviluppo da parte del famoso studio Foster and Partners, indubbiamente dei pionieri per progetti eco-compatibili.



Attirare i migliori architetti e professionisti come SOM e in questo caso Hermann Tilke, che ormai è considerato un maestro nel progettare circuiti e impianti per corse (il prossimo sarà quello indiano di Delhi), attirare i capitali stranieri offrendo possibilità di sviluppo e servizi sono il miglior biglietto da visita per una nazione destinata a divenire un colosso economico mondiale. Tutto nasce dalle grandi città e qui se ne sono resi conto già da molti anni.



Altri paesi emergenti stanno seguendo le orme degli Emirati Arabi, con tutti i problemi che uno sviluppo veloce e repentino può produrre, ma di sicuro saranno loro a guidare l'economia nei porssimi decenni e non la vecchia e "statica" Europa.



L'intervento di Abu Dhabi, il circuito e tutto il contorno con alberghi e aree portuali, non sono quindi solo l'ennesima meraviglia architettonica di cui questo stato si arricchisce ma diventano un modo per attirare sempre più capitali di investitori che vedono in questa nazione in via di sviluppo un'opportunità unica per creare qualcosa di grande e memorabile. Non c'è solo la Ferrari, che creerà qui un parco tematico gigantesco dedicato al suo mondo dei motori, ma anche alcuni dei più famosi musei del mondo, tra cui il Louvre, che hanno scelto questi luoghi per creare le succursali delle loro collezioni d'arte, segno che nei porssimi decenni il turismo di massa sarà sempre più spostato verso questi paesi emergenti.

venerdì 21 agosto 2009

Poundbury e le altre "manie" del Principe Carlo

Per chi ancora non la conoscesse, Pounbury è un villaggio satellite di Dorchester, nella contea di Dorset in Inghilterra, fortemente voluto e supervisionato dal Principe Carlo e realizzato da Leon Krier, molto vicino alle idee neo-tradizionaliste.
Tempo fa ebbi modo di commentare alcuni articoli che il buon Pietro Pagliardini aveva inserito nel suo blog De-Architettura mostrando alcune perplessità riguardanti un progetto che puntava alla creazione di un finto villaggio agreste che poco, a mio avviso, teneva conto delle esigenze di vita di oggi. In genere preferisco attendere che un progetto sia ultimato prima di analizzarne i pro e i contro ma gli articoli apparsi su alcuni giornali e su alcuni siti internet e specialmente un servizio che il TG1 ha trasmesso l'altra sera mi hanno spinto a rimarcare la mia critica alla bucolica Poundbury, e all'atteggiamento di un principe che vuole imporre il proprio stile.



Prima un po' di riferimenti doverosi:

Articolo de Il Giornale.
Articolo de La Repubblica.
Articolo di The Guardian.
Altro articolo di The Guardian.
Servizio del TG1.
Articolo su Mall di Fabrizio Bottini.

Tutto il clamore nasce dagli articoli di The Guardian che esprimono una realtà di fatto che si è dimostrata diversa dalle aspettative. Poundbury nasceva da un'idea di creare un luogo ameno e tranquillo, in stile Old British che piace tanto ai nostalgici di un'epoca in cui automobili, telefonini e internet non c'erano e non ci assillavano, ma i problemi di qualità architettonica (sempre in competizione con l'economicità dovendo creare case per tutti e non solo per i ricchi), di scelte urbanistiche che privilegiano il movimento pedonale al posto di quello veicolare e di sicurezza sociale dimostrano che anche i migliori propositi, che aveva certamente Carlo, devono fare i conti con i problemi della società contemporanea e che cercare la soluzione nel “ritorno al passato” (come poi già Ebenezer Howard fece agli inizi del novecento con la Garden City anche in quel caso con risultati poco confortanti) non ha molto senso ed equivale a trascurare i veri problemi invece di affrontarli e cercare di risolverli. Con questo non voglio certo dire che le soluzioni proposte oggi siano vincenti, anzi, si dimostrano spesso fallimentari ma hanno il pregio di essere tentativi di affrontare i meccanismi sociali e urbani in un'ottica diversa da quanto fatto in passato, anche perchè la società cambia rapidamente ed è doveroso cercare di capire le esigenze sociali tempestivamente.

Ma Poundbury rimane comunque un intervento interessante, se non altro per la discussione che ha suscitato per le scelte urbanistiche e architettoniche, e nel nostro mestiere la molteplicità di esempi e linguaggi non può che giovare all'apertura mentale che ritengo essere la più grande qualità che può avere un architetto.
Ciò che ha fatto nascere la polemica, nata dal quotidiano The Guardian e diffusasi in tanti altri mezzi di informazione, è il modo con cui il principe Carlo d'Inghilterra sembra atteggiarsi verso le scelte urbane e architettoniche contemporanee. La sua opposizione al progetto di Jean Nuovel vicino alla St Paul's Cathedral oppure alla riqualificazione dell'area di Chelsea Barracks proposta da Richard Rogers sono solo alcuni degli interventi in cui il principe ha cercato, in alcuni casi anche riuscendoci, di fermare progetti contemporanei per “proporre” altri progetti più tradizionali, preferibilmente fatti da un gruppo di architetti vicini a Carlo (Il Guardian parla di una “lobby”). A parte la validità o meno dei progetti in se, il comportamento dell'erede al trono è apparso subito a molti una interferenza abbastanza arrogante nelle scelte urbanistiche e architettoniche della capitale inglese. In più le critiche piovute sul progetto simbolo del “Carlo Style”, Pounbury appunto, hanno rincarato la dose di polemiche spingendo anche testate estere a interessarsi alla diatriba.

Tutta la vicenda si può a mio avviso trattare con qualche sorriso (da notizia estiva leggera) ma in fondo insegna che dovremmo diffidare da chi cerca di imporre il proprio volere senza una democratica e razionale discussione. Al buon Carlo non resta che consolarsi sperando un giorno di diventare almeno re d'Inghilterra visto che in questi giorni quel titolo sembra essere stato assegnato ad un altro Carlo, Ancelotti questa volta, che con il Chelsea sembra fare un ottimo lavoro.

mercoledì 29 luglio 2009

Sky garden


Forse una delle qualità maggiori di un architetto è proprio saper cogliere quali aspetti del costruire devono essere predominanti in un determinato periodo, non solo perché si adattano al gusto e alla moda (sempre passeggera e mai duratura) ma perché rispondono alle richieste di soddisfare particolari requisiti, anch'essi in continua mutazione ma per motivi meno futili della moda. In quest'ultimo caso e nel periodo che stiamo vivendo il requisito di efficienza energetica è diventato molto di più che una semplice dotazione di qualità, è sempre più una esigenza primaria e le normative, non solo italiane, vanno dritte verso standard di certificazione energetica degli edifici nuovi e restaurati perché si è capito, finalmente, che l'efficienza energetica è la strada più intelligente per la riduzione di consumi e quindi di costi.
I paesi compresi tra le fasce climatiche temperate hanno una grande fonte di energia rinnovabile che spesso non sfruttano, il sole. Per la produzione di energia elettrica e di acqua calda i sistemi fotovoltaici e solari hanno raggiunto un'ottima efficienza, ma esiste un altro metodo per l'uso, pur indiretto, di questa inestimabile fonte di energia, i giardini pensili o sky garden.



Nelle zone più irradiate del pianeta infatti anche storicamente i tetti hanno falde poco inclinate, se non proprio tetti piatti, trasformati spesso in terrazze, è quindi naturale pensare di usare questo spazio per la creazione di un giardino pensile. Quella però che in passato era uno sfizio si è rivelato essere una tecnologia molto più interessante e utile del previsto.
Gli studi scientifici eseguiti sui “tetti verdi” (“Sky garden” di Maurizio Corrado, “Progettare il verde” di Annibale Sicurella, “Roof gardens” di Philippe De Baeck) hanno mostrato diverse proprietà che oggi si potrebbero definire eco-sostenibili, per usare un termine fin troppo abusato, ma che ben si adatta.
Esistono ovviamente delle prescrizioni tecniche per progettare ottimamente un intervento del genere ma se seguite scrupolosamente (e la loro messa a punto è frutto di una vasta sperimentazione in Europa e Nord America) apportano diversi benefici alla qualità dell'ambiente interno ed esterno dell'edificio. Primo tra tutti sicuramente è il risparmio energetico dovuto al miglioramento delle caratteristiche termoisolanti della copertura. Studi canadesi hanno infatti dimostrato che 10 cm di manto erboso riducono del 25% il fabbisogno di condizionamento estivo dell'aria, con i risparmi che possiamo immaginare. L'attività di fotosintesi infatti assorbe gran parte della radiazione solare e determina un microclima costante capace di assorbire gli sbalzi termici dell'ambiente circostante, sia interno che esterno, con rendimenti molto alti rispetto ai tradizionali tetti in laterizio. Analogamente funziona per le facciate soprattutto inclinate, sistema che in passato era diffuso spesso in campagna dove le case venivano spesso ricoperte, almeno su una facciata esposta al sole, di edera rampicante che permetteva un'azione isolante oltre che estetica.



Ulteriori qualità sperimentate sono l'assorbimento delle polveri e dell'inquinamento, la capacita di ritenzione idrica e quindi i minori costi di smaltimento delle acque meteoriche (con conseguente minor intasamento delle reti fognarie specie durante episodi di forte intensità che mettono a dura prova i sistemi di raccolta provocando infiltrazioni), assorbimento acustico,
Negli ultimi anni si sono affinate molte tecniche che permettono di ridurre spessori, pesi e quindi costi di realizzazione delle opere pensili di verde sia estensivo che intensivo (creazione di veri e propri orti da coltivare). I sistemi SEIC, DAKU, PERLIGARDEN (usato da Renzo Piano nella realizzazione della Chiesa di Padre Pio) e OPTIMA sono solo alcuni dei brevetti realizzati che oggi permettono di utilizzare questa tecnologia con molteplici applicazioni e che si spera spingano gli architetti ad un'attenzione maggiore verso una soluzione ottimale e duratura che potrebbe rendere più verdi le nostre città.


California Academy of Sciences di Renzo Piano a San Francisco.

mercoledì 15 luglio 2009

SOM - Skidmore Owings and Merrill

Skidmore, Owings and Merrill non è solo un famoso studio di architettura, e nelle riviste o nei libri che trattano questa disciplina è difficile non imbattersi in un loro progetto, ma è da 70 anni una garanzia di progetti di qualità, molti dei quali sono divenuti veri e propri simboli dell'architettura di un periodo.

Anche se in versione inglese, molto più completa, è doveroso leggersi la pagina di Wikipedia

(http://en.wikipedia.org/wiki/Skidmore,_Owings_and_Merrill)

per avere solo una iniziale idea della vastità dei progetti trattati dallo studio nato a Chicago nel lontano 1936. Non è solo l'aver dato la propria firma a icone dell'architettura come la Lever House di NY o la Sears Tower di Chicago, ad avere un campo d'azione che spazia in ogni campo dell'architettura e dell'ingegneria, dall'urbanistica

all'arredo di interni passando per lo studio di eco-sostenibilità, ma questi studio è sempre stato un riferimento per tutto il nostro settore.


7 World Trade Center, NY, USA, 2006

L'aver sempre proposto soluzioni innovative, utilizzando le tecnologie che il progresso metteva a disposizione, ha mostrato sempre una grande apertura mentale che nel nostro campo è fondamentale per garantire sempre prodotti di qualità. Pur lavorando con grandi architetti lo studio ha sempre mantenuto una propria identità e ha garantito una qualità ai progetti senza mai ricercare la fama o la notorietà come invece tanti architetti fanno, magari a discapito del progetto stesso, e questo è senza dubbio il pregio maggiore di uno studio che ha rappresentato e rappresenta tutt'ora un modello per tanti.

Burj Dubai, Dubai City, UAE

Da Wikipedia voglio allegare solo una lista parziale delle opere costruite e in costruzione:


Individual buildings and the town plan for Oak Ridge, Tennessee, United States, 1942
Manhattan House, 1950
Lever House, New York City, New York, United States, 1952
Manufacturer's Hanover Trust Bank Branch Building 1954
Inland Steel Building, Chicago, United States, 1957
United States Air Force Academy, Colorado Springs, Colorado, United States, 1958
Veterans Memorial Coliseum, Portland, Oregon, United States, 1960
One Chase Manhattan Plaza, Financial District, Manhattan, New York, United States, 1961.
BMA Tower (One Park Place), Kansas City, Missouri, 1961
Tour Telus (CIL House), Montreal, Quebec, Canada, 1962
Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University, NH, Connecticut, USA, 1963
Mauna Kea Beach Hotel, Kohala Coast, Hawaii, United States, 1965
University of Illinois at Chicago's "Circle Campus", United States, 1965
Autzen Stadium, University of Oregon, Eugene, Oregon, 1967
Louis Jefferson Long Library at Wells College, Aurora, New York, United States, 1968
Equitable Building, Atlanta, Georgia, 1968
555 California Street, San Francisco, California, United States, 1969
Grand Rapids City Hall & Kent County Administrative Building - Grand Rapids, Michigan, 1969
City Center Square, Kansas City, Missouri, United States 1977
John Hancock Center, Chicago, Illinois, United States, 1969
Bank of America World Headquarters, San Francisco, California, United States, 1969
Dan Ryan Rapid Transit Stations, Myron Goldsmith Chicago, Illinois, 1969
Kennedy Rapid Transit Stations, Myron Goldsmith, Chicago, Illinois, 1970
Regenstein Library, Chicago, Illinois, United States, 1970
Lyndon Baines Johnson Library and Museum, Austin, Texas, 1971
One HSBC Center, Buffalo, New York, United States, 1971
Weyerhaeuser Headquarters, Tacoma, Washington, United States, 1971
Hajj Terminal, Jeddah, Saudi Arabia, 1972
Sears Tower, Chicago, Illinois, United States, 1973
Carlton Centre, Johannesburg, South Africa, 1973
US Bank Center, Milwaukee, Wisconsin, United States, 1973
First Wisconsin Plaza, Madison, Wisconsin, United States, 1974
200 W Madison, Chicago, Illinois (former Hyatt Corporation headquarters)
Enerplex, North Building, Princeton, New Jersey, United States, 1982
Hubert H. Humphrey Metrodome, Minneapolis, Minnesota, United States, 1982
BellSouth Center, Atlanta, Georgia, United States, 1982
Georgia-Pacific Tower, Atlanta, Georgia, United States, 1982
US Bancorp Tower, Portland, Oregon, United States, 1983
Fort Wayne Museum of Art, Fort Wayne, Indiana, 1984
Wachovia Financial Center, Miami, Florida, United States, 1984
63 Building, Yeouido, Seoul, South Korea, 1985
Wachovia Tower, Birmingham, Alabama, 1986
JPMorgan Chase Tower (Dallas), Dallas, Texas, United States, 1987
One Worldwide Plaza, New York, New York, United States, 1989
461 Fifth Avenue, New York, New York, United States, 1989
Roosevelt Hospital, New York City
Islamic Cultural Center of New York, 1991
HKCEC, Hong Kong, China, 1997
Ninoy Aquino International Airport Terminal 3, Manila, Philippines, 1997
Jin Mao Building, Shanghai, China, 1998
Pavilhão Atlântico, Lisbon, Portugal, 1998
Embassy of the United States in Ottawa, Ottawa, Canada, 1999
Korea World Trade Center, Seoul, Korea, 2000
PBCom Tower, Makati, Philippines, 2000
7 South Dearborn (unbuilt), Chicago, Illinois, United States, 2000
Adelaide Convention Centre, Adelaide, Australia, 2001
San Francisco International Airport International Terminal, San Francisco, CA, USA, 2001
Dallas Convention Center, Dallas, Texas, United States, 2002
Time Warner Center, New York City, New York, United States, 2003
Random House Tower, New York City, New York, United States, 2003
Ben Gurion Airport Terminal 3, Tel Aviv, Israel, Israel, completed 2004
Rondo ONZ, Warsaw, Poland, 2005
10 Exchange Square, London, United Kingdom, 2004
Finsbury Avenue Square, London, United Kingdom, 2004
Samsung Tower Palace 3 - Tower G, Seoul, South Korea, 2004
Toronto Pearson Airport - Terminal 1, Toronto, Ontario, Canada opened April 2004
AIG Tower, Hong Kong, PRC, completed 2005
New Providence Wharf, London, United Kingdom, 2006
7 World Trade Center (second), New York, New York, United States, 2006
Tokyo Midtown, Tokyo, Japan, 2007
Dublin International Airport, Dublin, Ireland, 2007
Singapore Changi Airport Terminal 3, Changi, Singapore in partnership with CPG Corporation
Cathedral of Christ the Light, Oakland, California, United States, 2008

IN COSTRUZIONE

222 South Main, Salt Lake City, Utah, United States
Al Hamra Tower, Kuwait City, Kuwait
Burj Dubai, Dubai City, UAE
Chemsunny Plaza, Beijing, China
Chhatrapati Shivaji International Airport, Mumbai, India
China World Trade Center Tower 3, Beijing, China
Freedom Tower, New York City, New York, United States
Lopez Centre, Makati, Philippines
Nanjing Greenland Financial Center, Nanjing, China
Pan Peninsula Towers, London, England, UK
Pearl River Tower, Guangzhou, China
Trump International Hotel and Tower, Chicago, Illinois, United States
Pan Peninsula, London, United Kingdom, Due 2009
NATO Headquarters, Brussels, Belgium, Due 2012

martedì 12 maggio 2009

Casa 100k



Tempo fa, in una intervista, l'architetto Mario Cucinella disse che in Italia si parla di casa e di idee nuove per l'abitare solo quando c'è un'emergenza, e purtroppo ha totalmente ragione. La società si evolve a ritmi sempre più veloci e un dibattito sulle nuove esigenze abitative manca e non solo in Italia. Il problema è che le grandi aziende fanno molto oggi per ridurre consumi, sprechi e inquinamento, per creare una produzione più eco-compatibile, mentre la fetta più grossa dei problemi di inquinamento ambientale derivano proprio dai consumi domestici verso i quali pochi fanno qualcosa di veramente utile.
Tra i tanti architetti che, invece di cavalcare le mode, preferiscono analizzare i problemi e proporre soluzioni serie e razionali c'è questo Mario Cucinella (http://www.mcarchitectsgate.it) che dal suo studio di Bologna progetta edifici in tutto il mondo (una delle sue ultime opere è proprio la nuova sede del Comune della sua città, interessante esempio di edificio pubblico eco-sostenibile in Italia). Da sempre impegnato nella ricerca di materiali e tecnologie nuove per la qualità della vita e il comfort abitativo, ha da poco intrapreso una sfida molto coraggiosa: creare la casa eco-compatibile a basso costo, in altre parole la CASA 100k (http://www.casa100k.com).
L'idea è semplice: è possibile creare un edificio abitativo in linea con le ultimissime tecnologie sul risparmio energetico a 1000 euro il mq (cioè 100.000 euro per 1oo mq) che sia anche confortevole?



Cucinella, a differenza di molti, non ha solo esposto le sue idee per una idea abitativa nuova, la sta anche realizzando a Settimo Torinese dove il Comune ha scommesso sulla sperimentazione delle nuove tecnologie in 50 alloggi di prossima realizzazione.



Qui non si tratta soltanto di lanciare idee nuove ma di sperimetarne i risultati, e Cucinella, che ha sempre basato il proprio lavoro su una preventiva ricerca di problemi e soluzioni (e non sulla riproposizione di vecchi schemi obsoleti come fanno alcuni), ha dato la propria impronta ad una esigenza che oggi sembra sempre più pressante: il traguardo delle "emissioni zero". Le case progettate infatti sono autosufficenti energeticamente (solare, fotovoltaico ed eolico, associati a tecnologie geotermiche e di riciclo delle energie residue hanno fatto di un sogno una realtà già in fase di collaudo).
Non a caso il mensile Wired (http://www.wired.it), nella sua versione italiana, ha dedicato la copertina interamente a questo architetto. Nello stile di questo mensile, da poco finalmente anche in Italia, c'è infatti l'attenzione verso le nuove tecnologie che veramente migliorano la vita e danno un senso alla parola progresso (scremando tutto ciò che è solo moda) dando voce a persone che fanno qualcosa di più concreto che parlare soltanto: sperimentano.

giovedì 7 maggio 2009

Il New Urbanism

Il New York Times lo ha definito “Il più importante movimento di riforma nel campo dell’architettura degli ultimi vent’anni”. Le informazioni e la storia di questa “filosofia” del costruire urbano sono facilmente reperibili su internet e sicuramente, data la grande eterogeneità del fenomeno e l'estensione degli interventi, specie nel Nord America, parlare in modo esaustivo del New Urbanism è impossibile, specie in un umile blog come il mio.

Per maggiori info: http://cnu.org
http://it.wikipedia.org/wiki/New_Urbanism
http://www.newurbanism.org/

Tuttavia questo “movimento di riforma urbana” è molto interessante e mi ha spinto già da parecchi anni a intraprendere una approfondita ricerca e analisi delle cause che ne hanno portato la nascita e dei risultati ottenuti.
I concetti alla base del New Urbanism sono semplici anche se risultati di parecchi confronti e studi che architetti e urbanisti americani avevano eseguito sui problemi urbani fin dalla fine degli anni '80. Le città avevano (e hanno tutt'ora) grossi problemi (inquinamento, sicurezza, traffico, degrado ambientale e urbano, qualità della vita scadente in molti quartieri, ecc...) e la volontà di trovare soluzioni concrete spinse grossi studi tecnici e importanti università a confrontarsi. Fu così che nacque il Congress For The New Urbansim che poi diede il nome all'intero movimento. In realtà di “new” c'è ben poco visto che le analisi urbane mostrarono che molti dei problemi potevano essere risolti attraverso una pianificazione territoriale più attenta alle esigenze degli utenti finali, cioè dei cittadini (hanno cioè scoperto l'acqua calda). La struttura delle strade, degli spazi pubblici, delle aree verdi, delle disposizioni di aree residenziali e commerciali, lo studio della densità urbana legata alla progettazione delle reti di servizi furono alcune delle principali argomentazioni che vennero prese in esame, inaugurando così un nuovo periodo di riflessione sull'importanza dell'urbanistica nella vita delle persone.
Forse il merito maggiore di questo movimento è stato l'aver evidenziato i veri problemi delle città di oggi, che troppo spesso, nei decenni precedenti, avevano subito danni provocati da una cieca speculazione edilizia e da una mancanza di pianificazione organica del tessuto urbano, resasi sempre più necessaria in periodi in cui concetto come la sostenibilità economica, il risparmio energetico e la qualità della vita iniziavano già a guidare necessariamente le scelte di molti pianificatori.



La cittadina di Seaside (Florida), progettata dallo studio DPZ (http://www.dpz.com/) è così diventata il simbolo del ritrovato interesse per l'ambiente urbano e fu ispirazione per innumerevoli altri interventi di riqualificazione e fondazione di nuovi quartieri e di nuove città in tutti gli USA.
In se è un villaggetto in stile coloniale con casette di legno colorate e stradine pedonali, situato lungo una parte della costa della Florida. A prima vista l'impatto è abbastanza straniante, tanto da sembrare un paese finto e da essere anche usato come set naturale del film “The Truman Show” (era la città creata ad hoc per ospitare l'ignaro Truman nel reality show della sua vita). In realtà la cittadina esiste ed è anche abitata da qualche centinaio di persone che comprando a circa 10000 dollari al metro quadro (secondo le ultime stime delle compravendite in quell'area) possono permettersi la propria casettina coloniale in legno.



L'esperimento di Seaside andò bene e spinse DPZ e altri architetti a progettare molti insediamenti, riqualificazioni urbane ed espansioni di parecchie città degli Stati Uniti, non sempre riusciti con successo come per esempio Celebration (voluta dalla Walt Disney Company che attorno ai propri parchi di divertimenti si stà lanciando nel campo della pianificazione urbana) che fu un clamoroso flop commerciale (a proposito molto interessante è l'articolo di Ernesto De Pascale (http://www.webgol.it/2004/09/16/celebration-citta-perfetta-tra-topolinia-e-il-truman-show/).



E qui nasce un primo dubbio: si può oggi costruire una città a tavolino, partendo da zero, una città di fondazione insomma? Le dinamiche sociali sono molto complesse e la comunità che andrà a vivere in questo nuovo nucleo dovrà partire da zero, non avrà cioè nessun background a cui attingere. I risultati quindi sembrano incerti quanto incerto è anche il successo commerciale che un tale intervento potrà portare. In America questo non preoccupa, o almeno non preoccupava alcuni anni fa (grandi spazi, terreni relativamente economici e forte spirito imprenditoriale ampiemente foraggiato dalle banche), ma ora, complice anche la crisi economica e gli scarsi successi ottenuti in alcuni di questi interventi, la cosa sembra ridimensionarsi e gli investitori iniziano ad andarci cauti con queste “new towns”. In Europa invece il clima è diverso, non è solo un problema di spazio, che in USA non hanno di certo, ma soprattutto di reale utilità pratica: creare un paesino a bassa densità significa costringere gli abitanti ad essere schiavi della propria automobile per l'impossibilità di creare una efficiente rete di servizi e di trasporto pubblico (antieconomica vista la bassa densità) e rendere così accessibile quel nuovo villaggio solo a chi può permettersi di spendere una fortuna in benzina e tempo (soprattutto). Inoltre la bassa densità non incentiva certo negozi ed esercizi commerciali e di nuovo tutti sul proprio SUV si parte alla ricerca di qualche ipermercato nelle vicinanze. Un americano medio se lo può forse permettere, un europeo medio molto meno. Questo è uno dei contrasti più evidenti di questa dottrina urbana: si prefigge di combattere lo “sprawl” (la pianificazione diffusa e caotica) con una pianificazione a bassa densità mascherata con qualche manierismo architettonico ma pur sempre antieconomica e poco sostenibile. Meglio espandere le città esistenti con nuovi quartieri ben strutturati e riqualificare eventualmente le zone degradate puntando ad una densità sufficiente per il commercio e le reti di servizi.
Il New Urbanism, a onor del vero, si è anche occupato di riqualificazione urbana con buoni risultati, e molte delle città americane hanno beneficiato degli interventi di “urban infill” e “smart growth”.
E' infatti in questo campo che questo nuovo movimento ha ottenuto i suoi migliori successi, ed è qui che le dottrine della Carta del New Urbanism sono state meglio applicate.
L'approccio operativo abbastanza semplice, quasi banale, consiste nella pianificazione partendo da un nucleo fondamentale, il quartiere considerato come una piccola entità urbana autosufficiente nella vita quotidiana, quindi con negozi e uffici, anche pubblici, unità sanitarie e scolastiche che permettano ai cittadini di trovare a poca distanza dalla propria abitazione tutte le strutture necessarie alle esigenze di tutti i giorni. L'unione e l'interazione tra i quartieri (strutturata anche con una efficiente e gararchica rete stradale e infrastrutturale per i mezzi pubblici e privati) dà poi vita al centro urbano vero e proprio che vede collocati i principali edifici pubblici nelle aree di confine tra i vari quartieri (normalmente occupati da strade principali e da assi cittadini che consentono un afflusso più consistente verso i punti nevralgici della città). Tutta l'espansione urbana dovrà infine seguire le linee di sviluppo per quartieri urbani autosufficienti (come quelli del centro), uno schema di sviluppo chiamato Traditional Neighborhood Development (o TDN visto che agli americani piace abbreviare tutto con le sigle).
Le direzioni di sviluppo poi saranno tracciate da un altro schema, il Transit Oriented Development che pone in primo piano le direttrici principali dei mezzi pubblici e permette così ai nuovi quartieri di sorgere con una accessibilità garantita ed efficiente (Calgary in Canada o Curitiba in Brasile sono esempi apprezzabili di questa strategia pianificatoria come mostrato dal link allegato sopra).
TOD - http://en.wikipedia.org/wiki/Transit_Oriented_Development
Questi sono i principi che costituiscono l'ossatura principale del New Urbanism e le linee di principio seguite per la pianificazione e la riqualificazione.
Tuttavia leggendo la Carta del New Urbanism (http://it.wikipedia.org/wiki/New_Urbanism) si ha l'impressione che l'enunciazione di principi sia abbastanza vaga e finalizzata più a raccogliere consensi che a dare strategie ben determinate di approccio. Frasi come “prevedere un rapporto armonico tra posti di lavoro e posti letto” oppure “le regioni metropolitane dovrebbero sviluppare strategie per incoraggiare sia lo sviluppo all’interno di esse sia nuove espansioni periferiche” o anche “tutti gli edifici dovrebbero fornire ai loro abitanti una chiara percezione dello spazio, del clima e del tempo”, sono condivisibili perché molto generiche ma non danno alcuna indicazione sui metodi per ottenere questi risultati desiderati né tanto meno danno esempi da seguire. D'altronde una Carta dei principi ha proprio lo scopo di dare delle linee base abbastanza larghe su cui poi si lavorerà nello specifico ma così facendo l'intero movimento del New Urbanism ha assunto fin dall'inizio una connotazione molto dogmatica e ideologica (quasi una dottrina filosofica) che può aver contribuito a farne una “moda” in USA ma che forse ne ha impedito lo sviluppo in Europa dove la visione critica e l'analisi dell'urbanistica sono forse più mature e meno inclini a seguire le mode.
La stessa incongruenza scaturita sin dai primi anni tra alcuni principi della Carta che ponevano l'urbanistica in primo piano prescindendo dall'architettura e la forte impronta nostalgica e “old fashion” data ai primi interventi (vedi Seaside e le casettine in legno colorato in stile coloniale) ne ha messo in luce i limiti e la mancanza di una vera critica razionale del problema affrontato.
In conclusione quindi il New Urbanism ha dato un interessante contributo all'analisi dei problemi delle nostre città ma invece di incentivare un più approfondito dibattito sulle strategie urbane si è fermato a concetti iniziali, assumendoli come una filosofia, disinteressandosi ad una ulteriore evoluzione (che in questo campo è fortemente necessaria per soddisfare le esigenze dei cittadini) e buttandosi spesso, ma per fortuna non sempre, in una pratica architettonica manieristica e nostalgica. Fortunatamente la crisi economica ha messo in luce i limiti di una urbanistica cieca e dogmatica e ha permesso a tanta gente di capire che NON esiste una filosofia urbanistica sempre e unicamente valida, ma che questa difficile e complessa materia ha bisogno di studi e approfondimenti continui, di evolversi e progredire, come avviene per l'architettura, per andare incontro alle esigenze della gente, che non si accontenta più di qualche intervento sporadico e abbellito da qualche finto “intervento estetico” ma esige una pianificazione organica e razionale.

lunedì 2 marzo 2009

La nuova Berlino

Dopo la caduta del famigerato muro e la tanto attesa riunificazione tedesca tutti erano convinti che Berlino avesse intrapreso un lento cammino per riprendersi l'importanza sociale, economica e culturale che meritava, ma pochi forse si aspettavano che questa capitale divenisse in così poco tempo una delle città più vive e attive d'Europa, merito soprattutto dell'enorme sforzo urbanistico e architettonico intrapreso dalle amministrazioni che l'ha vista al centro di innumerevoli concorsi internazionali.

Si può dire che Berlino sia stata il campo di prova e di sperimentazione di tutte le più moderne teorie di pianificazione urbana e architettonica che hanno assimilato concetti oggi importantissimi come lo sviluppo sostenibile, il risparmio e l'efficienza energetica.

Il risultato è visibile da tutti: Berlino è oggi non solo una delle più belle capitali d'Europa (vi sono opere di quasi tutti i più importanti architetti del mondo) ma è soprattutto una delle metropoli più vivibili, in cui la qualità della vita dei cittadini è sempre stato un punto fisso di ogni scelta urbana durante la sua ricostruzione.

La splendida cupola del nuovo Reichstag (ristrutturato da Norman Foster), la riqualificazione della Potsdamer Platz con il Sony Center (una delle piazze più belle e frequentate), la nuova Pariser Platz (che fa di nuovo da contorno alla porta di Brandeburgo) sono solo alcuni degli esempi di come si possa riqualificare un contesto urbano e renderlo degno di una grande capitale.

Infine non bisogna dimenticare la ricostruzione del Palazzo Reale, luogo prima occupato dal fatiscente palazzo della DDR, che seguirà al concorso vinto qualche mese fa dall'architetto italiano Franco Stella, e che completerà la riqualificazione delle aree intorno al fiume Spree.

http://europaconcorsi.com/projects/82021--Berliner-Schloss-Humboldt-Forum-/images

Il merito di questo successo è probabilmente da ricercare nel desiderio di riscatto che i cittadini e le amministrazioni di questa città avevano da molti anni, stanchi di essere relegati ad una condizione di città di confine. Berlino è un esempio da seguire e si spera che anche le altre città europee escano dal torpore che le caratterizza già da parecchi anni e si trasformino in vere città contemporanee.


http://www.3d-stadtmodell-berlin.de/3d/en/seite0.jsp



lunedì 9 febbraio 2009

Un posto migliore dove vivere

Qualche anno fa comparve la notizia che la popolazione mondiale che vive nelle città ha superato per la prima volta nella storia quella che vive nelle campagne (o comunque fuori da centri abitati), una notizia che può lasciare molti indifferenti ma che vista nel contesto storico umano è molto importante.


In realtà la storia dell'urbanistica diventa "interessante" solo dopo la rivoluzione industriale del 1700, anche perché prima le città erano di ridotte dimensione, con interventi pubblici ridotti al minimo come qualche strada importante e qualche edificio pubblico, mentre il resto era lasciato alla casualità e all'iniziativa privata. D'altronde la città era un luogo di scambi commerciali e di attività artigianali, così come andò sviluppandosi nel medioevo, mentre la maggioranza della popolazione viveva di agricoltura che fino a pochi anni fa era ancora la principale attività umana nel mondo.
L'inurbamento avvenuto in questi anni quindi, come accadde nel '700 con la rivoluzione industriale e poi ancora dopo la seconda guerra mondiale in occidente, è quindi associato al netto cambio di attività umane, dall'agricoltura all'industria e al terziario, e la cosa interesserà molto da vicino tutti coloro che operano nel campo dell'urbanistica perché riproporrà, con maggiore intensità e complessità, i problemi che già nei secoli scorsi hanno interessato i fenomeni di forte inurbamento.
E' evidente che tutta l'urbanistica nasce proprio per gestire le grandi densità di popolazione e sono queste sfide che hanno poi prodotto i risultati migliori.
Ma la città è il posto migliore dove vivere?
Alla luce della notizia riportata sopra sembra essere una problema interessante, visto che comunque, volenti o nolenti, l'inurbamento è una realtà di fatto. In realtà rendere questi agglomerati urbani un posto migliore non rimane quindi solo una scelta ma a questo punto diventa una priorità.
La storia ci insegna che ogni volta che c'è stata una tendenza ad abbandonare le attività agricole per trasferirsi in città si sono avuti grandi problemi relativi alla densità (contrasti sociali, carenze igieniche e abbassamento della qualità della vita delle classi meno abbienti) che hanno imposto una pianificazione territoriale. E ogni volta c'è stato chi si è inventato un nostalgico “ritorno alla campagna” con esperimenti quali le “città giardino” (ad opera soprattutto di Howard, Unwyn e Mumford) e poi con immense villettopoli sviluppatesi nel secondo dopoguerra. Questi esperimenti, seppur diffusi, hanno mostrato grandi problemi, soprattutto di sicurezza e di mancanza di servizi pubblici, impossibili e antieconomici nelle realtà a bassa densità e vengono oggi sempre più abbandonati da chi può permettersi qualcosa di meglio.


La città invece, pur con tutti suoi problemi, sembra essere invece un modello vincente, capace di attrarre milioni di persone e capace soprattutto di evolversi e di mutare a seconda delle nuove e crescenti necessità della gente. E' vero che esistono metropoli con grandi problemi e che non tutte le città dell'occidente sono un luogo vivibile e capace di garantire una certa qualità della vita, ma a ben vedere è proprio nelle città che, anche storicamente, hanno origine le idee, non solo le tendenze e la moda ma soprattutto l'arte e l'evoluzione tecnologica, e la cosa diventa chiara se si pensa che solo dove c'è una densità sufficientemente alta si possono sviluppare scambi di opinioni e di conoscenze. Le città sembrano quindi assumere il ruolo di fulcro della vita sociale, economica, culturale, artistica e produttiva di una società, in poche parole è nelle città che avviene il progresso umano. La notizia sopra citata non è quindi una sorpresa se si intende il contesto cittadino come la normale e naturale evoluzione della vita sociale degli esseri umani. La città rappresenta quindi il luogo più stimolante per gli individui, il luogo dove incontrare gente, scambiare idee e culture diverse, non solo quindi il luogo dove vivere e lavorare.
Non serve certo una laurea per capire come nella nostra società la vita in campagna sia più legata a stereotipi di una vita agiata e sana che ad una reale qualità della vita. Chi vive fuori dalle città diventa sempre più spesso schiavo dell'automobile non solo per andare al lavoro ma anche per raggiungere qualsiasi esercizio commerciale, data la mancanza di mezzi pubblici (sembra impossibile ma in città come Londra o New York buona parte della popolazione non ha un'auto di proprietà ... non ne ha bisogno), e ciò produce grandi consumi di combustibile e costi alti di mantenimento.



L'impossibilità di raggiungere in tempi brevi luoghi pubblici, di incontrare tutti i giorni persone e di stringere così relazioni sociali, di avere a breve distanza negozi, ristoranti e luoghi di svago, attrezzature sportive e luoghi di lavoro o di istruzione sono tutti elementi che abbassano fortemente la qualità della vita, non solo oggettiva ma soprattutto quella percepita dalla gente.
Sull'altro piatto della bilancia però molti mettono la tranquillità e la qualità ambientale che però oggi è sempre più relativa al luogo in questione. Per facilitare gli spostamenti spesso le case vengono costruite vicino a strade extraurbane ad alta percorrenza, con alta quantità di traffico e di rumore, e paradossalmente i centri storici, sempre più spesso vietati o parzialmente interdetti al traffico, diventano più tranquilli. Inoltre le tecnologie di riduzione delle emissioni e le politiche intraprese da molte città europee per aumentare il verde e ridurre l'inquinamento hanno fatto delle più efficienti metropoli dei luoghi in cui l'aria è pulita e la qualità ambientale è notevolmente migliorata.
La campagna rimane comunque un luogo piacevole in cui trascorrere una vacanza o il proprio tempo libero, ma oggettivamente la vita sociale quotidiana è nettamente migliore in una città viva ed efficiente. La sfida è semmai quella di rendere sempre migliore il contesto urbano e di risanarlo dove vi sono problemi, piuttosto che andare a isolarsi in campagna, che, anche alla luce di recenti fatti di cronaca, sono sempre più spesso luoghi insicuri (i furti in villa ad opera di bande di extracomunitari sono in costante crescita).

venerdì 30 gennaio 2009

L'IMPORTANZA DELLA QUALITA'

Il mondo che ci circonda, i luoghi che abitiamo, in cui viaggiamo, dove lavoriamo e svolgiamo tutte le nostre attività sono prodotti del lavoro di persone, ingegneri, architetti, urbanisti e pianificatori, che hanno il compito, spesso molto difficile e pieno di responsabilità, di creare i luoghi in cui una comunità dovrà vivere. Sembra ovvio pensare ad una città come ad un prodotto artificiale, ma anche le campagne, i territori montani e collinari, le aree costiere e vallive, insomma tutti i territori extraurbani sono frutto della sistemazione, del controllo e spesso dell'intervento dell'uomo, soprattutto oggi che si parla non più di progettazione urbana ma di pianificazione territoriale, frutto anche della sensibilità contemporanea verso l'ambiente e il territorio, nell'ottica di uno sviluppo sostenibile.
Nel mondo occidentale, ma oggi sempre più anche in quello in via di sviluppo, si ha quindi un controllo globale sul territorio che è e rimarrà sempre una ricchezza fondamentale per uno stato. Nelle mani degli ingegneri, degli architetti e degli urbanisti, vi è quindi una grandissima responsabilità. Per questo motivo oggi, molto più che un tempo in cui le ridotte capacità tecniche e progettuali impedivano una visione globale dello sviluppo territoriale, il problema della qualità è divenuto fondamentale.
Il tema della qualità oggi è molto utilizzato in ambito produttivo, come definito dall'Organizzazione Internazionale per le Standardizzazioni che con le norme ISO 9000 ha introdotto gli standard e gli strumenti con i quali definire e certificare le aziende ed i prodotto di qualità. I concetti fondamentali sono quelli legati alla capacità di soddisfare determinati requisiti richiesti dall'utente finale a cui è destinato un determinato prodotto. In sostanza si sono definite delle procedure produttive tramite le quali le aziende che le applicano possono avere un controllo totale sui propri prodotto, adattabili perciò alle diverse prestazioni richieste dall'utente finale. In parole povere se tra qualche anno la gente vorrà delle automobili con determinati requisiti, un'azienda certificata ISO 9000 potrà, intervenendo sul processo produttivo, produrre automobili che soddisfino le richieste dei clienti e che, essendo le aziende certificate, hanno la garanzia di essere prodotti di qualità perché affidabili e capaci di soddisfare determinati requisiti standard.

Tutto questo discorso sulla qualità è divenuto oggi quasi un dovere per le aziende, anche perché i consumatori sempre più spesso pretendono prodotti di qualità, prodotti che diano sicurezza, che siano in continua evoluzione per rispondere e soddisfare sempre maggiori requisiti. Così si cerca di produrre automobili sempre più sicure e poco inquinanti, cibi più sani, computer più veloci e performanti, insomma prodotti migliori. Il tutto è insito nel concetto di progresso che da sempre spinge l'umanità a migliorarsi e a migliore il mondo in cui vive.
Ma cosa c'entra questo con l'urbanistica o l'architettura?
Anche il processo edilizio (pianificazione, progettazione e realizzazione) è un processo industriale che può, anzi deve, essere trattato secondo la filosofia della qualità. In questo modo il prodotto finale, controllato e gestito durante tutto l'iter realizzativo con metodo e precisione come le norme sulla qualità impongono, sarà un prodotto di qualità, soddisferà le esigenze ed i requisiti richiesti dagli utenti (e in particolare dal committente) e potrà essere migliorato costantemente tramite un aggiornamento continuo dell'intero processo per rispondere sempre in maniera esaustiva alle nuove esigenze. Nel caso specifico dell'urbanistica si potrà così analizzare, trattare, sperimentare e risolvere i problemi che le mutazioni sociali e ambientali imporranno attraverso nuove e più efficaci strategie di pianificazione.
Detta così sembra facile e quasi automatica la cosa, ma in realtà il processo urbanistico è nettamente più complesso e articolato di un normale processo industriale perché è legato a fattori e variabili correlate alla psicologia e alla sociologia, due materie che non hanno confini netti e che sono in continua evoluzione. Per creare quindi un ambiente urbano bisogna sondare anche questi campi che legano un luogo alla percezione che i cittadini hanno della propria città e del proprio quartiere. Questo è il motivo perché non è mai possibile uniformare un processo urbanistico e diffonderlo ovunque, ogni caso va studiato a se perché ogni realtà urbana e territoriale è un unicum con determinate e specifiche caratteristiche che sono poi quelle che gli abitanti stessi sentono come i caratteri famigliari del luogo in cui vivono.
E' proprio questa ultima caratteristica della pianificazione che dà una enorme importanza alle strategie utilizzate: il lavoro dell'urbanista, che apparentemente disegna lo sviluppo futuro di un territorio, in realtà va a modificare, si spera in meglio, la qualità della vita delle persone che abiteranno quei luoghi oggetto della pianificazione.
Ed è qui che il concetto di qualità dei processi urbanistici va a fondersi con il valore, oggi sempre più fondamentale nel mondo occidentale, della qualità della vita. In una società in cui l'evoluzione scientifica, lo sviluppo e il progresso hanno permesso a sempre più persone di accedere a tecnologie impensabili anche solo 10-15 anni fa (cellulari, computer, internet e multimedialità), è la qualità della vita delle persone a fare la differenza, a dare valore stesso alla vita della gente e a dare la percezione di felicità, cosa non da poco direi.

Ma cos'è la Qualità della Vita?
Difficile a dirsi, anche perché una sensibilità consapevole di questo concetto si ha solo nella seconda parte del '900, quando si vengono a creare condizioni di vita nelle quali la maggior parte delle persone (nel mondo sviluppato) può considerarsi sollevata dalle necessità più impellenti (sopravvivenza e sostentamento materiale) e ci si pone il problema di un miglioramento complessivo dello stato di benessere. La salute (e con essa la prevenzione delle malattie prima ancora delle cure), la condizione economica (e i presupposti per uno sviluppo duraturo), le possibilità lavorative (il livello di occupazione e la qualità delle offerte di lavoro), la qualità dell'ambiente (tutela e controllo del patrimonio territoriale naturale), l'istruzione e le possibilità ad essa connesse, la sicurezza sociale (il livello di criminalità e la capacità delle amministrazioni di prevenirlo e arginarlo), l'equilibrio sociale e, non da ultimo, la qualità dei prodotti (in particolare quelli alimentari) a cui è possibile accedere sono solo alcuni degli innumerevoli fattori che vengono presi in esame per vagliare classifiche e report sulla qualità della vita delle nostre città. Il peso dato a questi fattori può variare ma nel complesso i risultati sono coerenti con una nuova sensibilità della gente che esige un continuo miglioramento delle condizioni generali di benessere, rappresentato dagli aspetti sopra elencati.
Una pianificazione urbana che peso ha in tutto questo? Enorme!
Lo sviluppo di un territorio, inteso come pianificazione della possibilità di impiantare nuove attività produttive e commerciali e di migliore quelle esistenti, la qualità dell'aria e del verde, correlate strettamente da una politica di conservazione e valorizzazione ambientale, lo studio della viabilità e di reti efficienti di trasporto urbano, attinente anche ad una politica di abbattimento dell'inquinamento atmosferico e dei problemi di traffico che hanno un grande costo sociale, la creazione di luoghi di aggregazione sociale e ricreazione, utili per sviluppare una sensibilità e una identità locale che riducono gli squilibri sociali e la criminalità derivante, ed una attenta e studiata strategia di sviluppo sostenibile (che leghi gli ambiti Sociale, Economico e Ambientale in modo da non compromettere il futuro sviluppo di una comunità) sono gli aspetti più importanti del lavoro dell'urbanista che in accordo con le amministrazioni può e deve lavorare per garantire questi traguardi tesi a migliorare la tanto importante qualità della vita delle persone.
Un lavoro molto importante e troppo spesso sottovalutato.

http://it.wikipedia.org/wiki/Curitiba

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2007/12/qualita-vita2007.shtml?uuid=fb77952a-ac6f-11dc-b9ad-00000e25108c&DocRulesView=Libero