venerdì 21 agosto 2009

Poundbury e le altre "manie" del Principe Carlo

Per chi ancora non la conoscesse, Pounbury è un villaggio satellite di Dorchester, nella contea di Dorset in Inghilterra, fortemente voluto e supervisionato dal Principe Carlo e realizzato da Leon Krier, molto vicino alle idee neo-tradizionaliste.
Tempo fa ebbi modo di commentare alcuni articoli che il buon Pietro Pagliardini aveva inserito nel suo blog De-Architettura mostrando alcune perplessità riguardanti un progetto che puntava alla creazione di un finto villaggio agreste che poco, a mio avviso, teneva conto delle esigenze di vita di oggi. In genere preferisco attendere che un progetto sia ultimato prima di analizzarne i pro e i contro ma gli articoli apparsi su alcuni giornali e su alcuni siti internet e specialmente un servizio che il TG1 ha trasmesso l'altra sera mi hanno spinto a rimarcare la mia critica alla bucolica Poundbury, e all'atteggiamento di un principe che vuole imporre il proprio stile.



Prima un po' di riferimenti doverosi:

Articolo de Il Giornale.
Articolo de La Repubblica.
Articolo di The Guardian.
Altro articolo di The Guardian.
Servizio del TG1.
Articolo su Mall di Fabrizio Bottini.

Tutto il clamore nasce dagli articoli di The Guardian che esprimono una realtà di fatto che si è dimostrata diversa dalle aspettative. Poundbury nasceva da un'idea di creare un luogo ameno e tranquillo, in stile Old British che piace tanto ai nostalgici di un'epoca in cui automobili, telefonini e internet non c'erano e non ci assillavano, ma i problemi di qualità architettonica (sempre in competizione con l'economicità dovendo creare case per tutti e non solo per i ricchi), di scelte urbanistiche che privilegiano il movimento pedonale al posto di quello veicolare e di sicurezza sociale dimostrano che anche i migliori propositi, che aveva certamente Carlo, devono fare i conti con i problemi della società contemporanea e che cercare la soluzione nel “ritorno al passato” (come poi già Ebenezer Howard fece agli inizi del novecento con la Garden City anche in quel caso con risultati poco confortanti) non ha molto senso ed equivale a trascurare i veri problemi invece di affrontarli e cercare di risolverli. Con questo non voglio certo dire che le soluzioni proposte oggi siano vincenti, anzi, si dimostrano spesso fallimentari ma hanno il pregio di essere tentativi di affrontare i meccanismi sociali e urbani in un'ottica diversa da quanto fatto in passato, anche perchè la società cambia rapidamente ed è doveroso cercare di capire le esigenze sociali tempestivamente.

Ma Poundbury rimane comunque un intervento interessante, se non altro per la discussione che ha suscitato per le scelte urbanistiche e architettoniche, e nel nostro mestiere la molteplicità di esempi e linguaggi non può che giovare all'apertura mentale che ritengo essere la più grande qualità che può avere un architetto.
Ciò che ha fatto nascere la polemica, nata dal quotidiano The Guardian e diffusasi in tanti altri mezzi di informazione, è il modo con cui il principe Carlo d'Inghilterra sembra atteggiarsi verso le scelte urbane e architettoniche contemporanee. La sua opposizione al progetto di Jean Nuovel vicino alla St Paul's Cathedral oppure alla riqualificazione dell'area di Chelsea Barracks proposta da Richard Rogers sono solo alcuni degli interventi in cui il principe ha cercato, in alcuni casi anche riuscendoci, di fermare progetti contemporanei per “proporre” altri progetti più tradizionali, preferibilmente fatti da un gruppo di architetti vicini a Carlo (Il Guardian parla di una “lobby”). A parte la validità o meno dei progetti in se, il comportamento dell'erede al trono è apparso subito a molti una interferenza abbastanza arrogante nelle scelte urbanistiche e architettoniche della capitale inglese. In più le critiche piovute sul progetto simbolo del “Carlo Style”, Pounbury appunto, hanno rincarato la dose di polemiche spingendo anche testate estere a interessarsi alla diatriba.

Tutta la vicenda si può a mio avviso trattare con qualche sorriso (da notizia estiva leggera) ma in fondo insegna che dovremmo diffidare da chi cerca di imporre il proprio volere senza una democratica e razionale discussione. Al buon Carlo non resta che consolarsi sperando un giorno di diventare almeno re d'Inghilterra visto che in questi giorni quel titolo sembra essere stato assegnato ad un altro Carlo, Ancelotti questa volta, che con il Chelsea sembra fare un ottimo lavoro.